Il coraggio di Asma
Asma
33 anni
Bangladesh
Asma, 33 anni. La vedi camminare veloce, in jeans e scarpe da tennis, il corpo gracile, lo sguardo basso e i lunghi capelli corvini coperti, a volte, dal velo islamico. Se le chiedi di raccontare la sua storia, il sorriso dolce diventa subito amaro, e gli occhi ti fanno capire che ne ha vissute tante, troppe per la sua giovane età.
Asma è nata e cresciuta in Bangladesh, in un villaggio rurale. Ultima di sei fratelli, ha ricordi felici della sua infanzia e giovinezza, nonostante la sua sia una famiglia molto povera. I genitori, che l’amano molto, hanno voluto che studiasse; privilegio e purtroppo non ancora diritto, nel suo Paese.
È a diciassette anni che iniziano i suoi guai. A causa di una vecchia controversia irrisolta con una coppia di conoscenti del luogo, il padre e la madre decidono di darla in sposa al figlio, e mettere così fine all’eterna lite. Un matrimonio senza amore, quindi; storia sentita troppe volte, che purtroppo accomuna molte ragazze bangladesi. Come donna, Asma non può scegliere, dire la sua, e a diciotto anni diventa sposa; sposa di un uomo che non ama e che ha visto solo qualche volta. Egli è già emigrato in Italia da parecchi anni, dove lavora regolarmente. Lei lascerà il Paese di origine solo due anni dopo, per raggiungerlo e iniziare così questa nuova vita.
Il marito guadagna bene. Asma ha una bella casa e una vita di agi, nella quale lui si occupa di tutto; sono ben inseriti nella rete locale di connazionali e nel giro di pochi anni, arrivano anche sei figli.
Le apparenze però ingannano. Lui si rivela presto un uomo geloso e possessivo; non vuole che lei lavori e abbia una vita al di fuori della famiglia. Pur inserito da anni, insieme alla sua famiglia, in un contesto occidentale, egli pretende che si viva esclusivamente in base al retaggio di provenienza e rispettando rigidamente i precetti, sia culturali che religiosi; precetti che Asma, pur molto devota, inizia a percepire come catene opprimenti. Lei, che per divieto del marito, non può acquistare nemmeno un abito legato alla moda occidentale, che deve per forza portare il velo. Si sente scissa, tra il senso di colpa per ciò che potrebbero pensare i conoscenti, il timore verso il marito e il suo desiderio di esprimere liberamente la propria femminilità, seguendo i suoi gusti e desideri. Col marito non si può ragionare, su questo e su tutto il resto. Non tardano gli insulti, le percosse, le violenze, di cui Asma porta oggi ancora i segni sul corpo.
Imprigionata in una gabbia dorata, Asma prova a fingere che le cose vadano bene. Pensa ai figli e a cosa le direbbero gli amici e la sua famiglia se decidesse di lasciare il marito. È combattuta: da un lato non è più disposta a tollerare le violenze, vorrebbe fuggire e rifarsi una vita, insieme ai figli. Dall’altro, è proprio per loro che esita, e a ciò si aggiunge il timore del giudizio e dell’infrangere i valori della sua cultura e religione, a cui sente di appartenere saldamente.
In occasione di un viaggio in Bangladesh con la famiglia, per visitare i parenti, il marito decide, all’insaputa di Asma, di rientrare in Italia da solo e lasciarla là con i figli, senza i documenti. A Asma nulla viene chiesto, considerata come un oggetto, senza desideri e volontà. Ma Asma questa volta trova la forza di reagire. Quando il marito li raggiunge nuovamente in patria, lei si rivolge alle forze dell’ordine e riesce a farsi restituire i passaporti. Con l’aiuto economico dei genitori riparte per l’Italia. Sa che in Bangladesh i suoi bambini non possono avere un futuro.
Giunta a casa, ha una brutta sorpresa: il marito ha fatto in modo che ella non possa più rientrare nell’abitazione. Per Asma è un momento drammatico, ma forse per lei è arrivato il momento di girare pagina. Chiede finalmente aiuto ai servizi sociali e, insieme ai suoi figli, viene accolta in una comunità e poi a Bologna, presso strutture di accoglienza madre – bambino.
Nel capoluogo emiliano, Asma inizia a respirare un po’ di serenità e di normalità. All’arrivo in struttura, ricorda, è tanto spaventata e insicura, di sé e delle sue capacità. Prova angoscia anche nel portare i figli a scuola. Non è abituata a stare a sola e a gestire i figli in autonomia, e i momenti difficili sono tanti. Lo scoraggiamento, il pentimento ricorrente per le decisioni prese. Asma, però, sa chiedere aiuto. Accetta anche di farsi seguire, per un periodo, al Centro di Salute Mentale per un supporto psicologico e farmacologico. Si impegna nello studio dell’italiano, frequentando con successo un corso di alcuni mesi. I suoi bambini vanno a scuola e, nel frattempo, lei intraprende la ricerca del lavoro.
Finalmente lo trova. È contenta e speranzosa, il sogno di un contratto vero, magari indeterminato, che insperabilmente, arriva nel giro di qualche settimana. Asma è raggiante, incredula. “Bisogna festeggiare!”, esclama a tutte le operatrici che arrivano a casa, e così, tutte al ristorante a celebrare la bella notizia.
Asma sa che la strada sarà lunga, ma ora ha chiara la meta. Sogna una casa dove vivere tranquilla con i suoi figli e lavorare per mantenerli. Sta divorziando dal marito, nonostante lui le abbia più volte chiesto di tornare, promettendole che sarebbe cambiato in futuro.
Il velo, oggi Asma non lo indossa più, ma ammette di provare ancora vergogna se le capita di incontrare qualcuno appartenente alla sua comunità.
La decisione non è stata facile; ancora oggi non è sempre sicura di aver fatto bene. Le basta però pensare a come si sente ora, e a come invece non si è mai sentita: serena e libera di essere se stessa. Questo le dà la forza per guardare avanti con fiducia, verso un futuro migliore.